Aggressione controllata da un nuovo circuito circadiano

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 28 aprile 2018.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La sindrome del tramonto o sundowning, nella demenza e nella malattia di Alzheimer, è caratterizzata da uno stato di agitazione e reazioni aggressive che si sviluppano in prima sera. Una tale caratterizzazione temporale suggerisce, al pari di quanto accade per molti altri fenomeni patologici, un rapporto con eventi funzionali ciclici dell’organismo, ma non è nota l’esistenza di un diretto controllo, in generale, del comportamento aggressivo da parte dell’orologio ipotalamico, e non sembra che tale possibilità sia stata eletta ad ipotesi di ricerca fino a tempi recenti.

Un nuovo studio di William D. Todd e colleghi ha dimostrato un ritmo circadiano nella propensione ad aggredire dei ratti maschi e ha rivelato un nuovo circuito polisinaptico all’interno dell’ipotalamo, mediante il quale l’orologio principale dei ritmi biologici dell’organismo, situato nel nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, influenza i neuroni che regolano il comportamento di attacco.

(Todd W. D., et al., A hypothalamic circuit for the circadian control of aggression. Nature Neuroscience - Epub ahead of print - doi: 10.1038/s41593-018-0126-0, 2018).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neurology, Program in Neuroscience, Division of Endocrinology, Diabetes and Metabolism, Department of Medicine, Program in Neuroscience, Beth Israel Deaconess Medical Center and Harvard Medical School, Boston, Massachusetts (USA); Division of Endocrinology, Boston Children’s Hospital and Harvard Medical School, Boston, Massachusetts (USA); Department of Physiology and Biophysics, Federal University of Minas Gerais, Belo Horizonte (Brasile); Department of Drug Design and Pharmacology, University of Copenhagen, Copenhagen (Danimarca); Department of Pediatrics, University of Michigan, Ann Arbor, Michigan (USA); Department of Synaptic Transmission in Energy Homeostasis, Max Planck Institute for Metabolism Research, Cologne (Germany).

Può essere utile, per una migliore collocazione dei risultati del lavoro sperimentale qui recensito nel quadro delle conoscenze attuali, riprendere alcune acquisizioni recenti in questo campo. In generale, lo studio della reazione di attacco dell’animale (fight reaction) costituisce il nucleo storico della ricerca che indaga in chiave comparata le basi neurali delle nostre emozioni ostili e dei sentimenti aggressivi, come si ricorda in questa introduzione ad uno studio dello scorso anno che riconosceva un ruolo dell’abenula laterale:

Lo studio della rabbia, con i modelli della “rabbia fittizia”, costituisce un argomento classico della neurofisiologia delle emozioni, ma rimane distante dalla possibilità di esplorare le basi di sentimenti umani quali l’ira, l’indignazione e l’odio, o spiegare le crisi distruttive o autolesive che insorgono in persone non affette da malattia mentale in senso clinico. Eppure, lo stato psichico corrispondente all’ira può considerarsi la radice psicoantropologica di tutti i conflitti umani, fino alle guerre, che poi sono diventate dipendenti da ragioni sociologiche, politiche ed economiche.

Lo studio nei modelli animali non consente di distinguere l’aggressività, intesa come manifestazione comportamentale sostanzialmente psicomotoria, dallo stato mentale che la produce. Di fatto, nell’uomo, l’aggressività può avere un’origine diversa dal pattern funzionale cerebrale corrispondente allo stato psicologico negativo e potenzialmente distruttivo che caratterizza la persona adirata. Un modello animale che esclude gli episodi di acting out fra maschi e femmine, in alcune specie legati alla fisiologia estrale, è quello dell’aggressività espressa nell’interazione fra maschi. Ma l’aspetto principale che conferisce valore a questo modello è dato dal fatto che l’aggressione maschio-maschio esiste praticamente in tutti i generi e le specie del regno animale, dall’insetto all’uomo, ed è attualmente considerata una componente fisiologica del comportamento sociale.

In quanto espressione di un processo funzionale normale, l’attività neurale alla base della condotta aggressiva si manifesta ordinariamente secondo modalità caratteristiche della specie, per insorgenza, forma, intensità e stimolo adatto in grado di evocarla. Fuori di tale schema la sua manifestazione si considera inappropriata.

Numerosi studi hanno dimostrato che la reazione aggressiva inappropriata può costituire una minaccia per la salute fisica e mentale sia dell’aggressore sia dell’aggredito. Nella realtà umana, l’aggressione inappropriata è un elemento comune a numerosi disturbi psichiatrici e la sua patogenesi è stata attribuita ad un’attivazione atipica del circuito a ricompensa, in risposta a stimoli sociali che in condizioni fisiologiche non la inducono[1]. E più avanti si legge: “L’abenula laterale (LHb) è stata recentemente riconosciuta quale importante nodo del circuito a ricompensa classico e numerose prove sperimentali hanno confermato l’azione inibitoria dei suoi neuroni sul rilascio di dopamina nel mesencefalo per la segnalazione della valenza negativa. Flanigan e colleghi discutono l’evidenza che lega la funzione della LHb all’aggressione e alla sua valenza, sostenendo che i forti impulsi in uscita per l’area tegmentale ventrale (VTA) e il nucleo del rafe dorsale (DRN) hanno con ogni probabilità ruoli importanti nell’aggressione e nelle sue componenti gratificanti[2].

L’importanza dei neuroni del nucleo ventro-mediale dell’ipotalamo, anche nell’aggressività delle femmine è stata provata di recente:

“Studi recenti nel topo hanno dimostrato che le cellule nervose della parte ventrolaterale dell’ipotalamo ventromediale (VMHvl, da ventromedial hypothalamus, ventro lateral), che esprimono il recettore α per gli estrogeni (Esr1) e il recettore del progesterone, sono essenziali per il comportamento aggressivo dei maschi. Tali studi sembrano dimostrare che questi neuroni non hanno un ruolo nell’aggressività delle femmine.

La sperimentazione condotta da Koichi Hashikawa e colleghi, in contrasto con questi esiti recenti, dimostra che le cellule VMHvlEsr1+ sono indispensabili per il comportamento aggressivo delle femmine. Infatti, questa popolazione cellulare era attiva quando le femmine attaccavano naturalmente. Nelle manipolazioni sperimentali, l’inattivazione di questi neuroni riduceva drasticamente l’aggressione femminile, mentre la loro attivazione mediante stimolazione causava l’attacco da parte delle femmine.

L’analisi dell’aggregato nucleare ipotalamico VMHvl ha rivelato l’esistenza di due comparti anatomicamente distinguibili, che hanno mostrato differente espressione genica, differenti proiezioni e differenti patterns di attivazione dopo l’accoppiamento e dopo la lotta seguita all’espressione di aggressività.

Dai risultati di questo studio si può desumere l’esistenza di un ruolo essenziale del settore ventrolaterale dell’ipotalamo ventromediale, sia nell’aggressività dei maschi che in quella delle femmine, e si acquisisce la nuova nozione di una suddivisione in due parti del VMHvl femminile, corrispondenti alla base neurale di due distinti aspetti fisiologici e comportamentali, l’uno di legame sociale biologicamente associato alla riproduzione, e l’altro di rottura sociale prodotta dall’aggressione”[3]. Lo studio dell’aggressività nel sesso femminile ha aperto una finestra sulla regolazione stagionale dell’aggressività:

“L’importante ruolo di regolatori dell’aggressività degli steroidi sessuali non sempre si riesce ad evidenziare, e nelle femmine i meccanismi fisiologici sono stati raramente indagati. La prevalenza dell’aggressività nel sesso maschile è evidente in pressoché tutte le specie di mammiferi studiate, ed è interpretata in chiave evoluzionistica come effetto di un vantaggio selettivo nella competizione riproduttiva, che si può estendere alla protezione della femmina e della prole. L’evidenza dello stretto rapporto fra ormoni sessuali maschili e aggressività ha facilitato la focalizzazione della ricerca sulla modulazione endocrina di questo comportamento nei maschi.

 Rendon e colleghi hanno affrontato questi problemi in una particolare specie di criceto solitario, il Phodopus sungorus. La particolarità di questo animale è che entrambi i sessi presentano un marcato comportamento di appartenenza e di difesa territoriale non limitato a brevi periodi dell’anno, ma esteso nel corso delle stagioni. Nel Phodopus è stata descritta un’accresciuta tendenza aggressiva concomitante ad una riduzione dei livelli sierici di ormoni steroidi sessuali nei giorni brevi, cioè quando la durata del periodo di illuminazione da luce solare nelle 24 ore è minore, come nelle brevi giornate invernali. Le femmine, durante le giornate con un periodo di illuminazione breve e non durante le giornate lunghe, presentavano una aumentata responsività del DEHA surrenalico, concomitante con coerenti modificazioni istofunzionali della ghiandola. Nei “giorni brevi” risultavano aumentati sia i livelli sierici di DEHA sia quelli totali dell’ormone nel tessuto ghiandolare. Infine, la melatonina accresceva i livelli di DEHA e di aggressione e stimolava il rilascio di DEHA da cellule surrenaliche in coltura.

Nell’insieme, questi risultati indicano che il DEHA è una molecola chiave nella funzione di regolatore periferico dell’aggressività e che la melatonina coordina una conversione stagionale dalla regolazione gonadica a quella surrenalica dell’aggressività, mediante un’azione diretta sul surrene[4].

Torniamo, ora, allo studio che ha individuato un nuovo circuito polisinaptico ipotalamico, mediante il quale l’orologio principale ipotalamico regola in chiave circadiana le reazioni aggressive.

William D. Todd e colleghi dimostrano che un ritmo giornaliero nella propensione ad aggredire nei maschi di ratto è controllato dai neuroni inibitori GABAergici della zona sub-paraventricolare (SPZGABA), ossia i principali bersagli post-sinaptici dell’orologio circadiano centrale, sito nel nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo.

 La realizzazione della mappa optogenetica ha rivelato che i neuroni SPZGABA ricevono l’input dalle cellule nervose del nucleo soprachiasmatico ipotalamico che segnalano mediante il peptide vasoattivo intestinale (VIP), e innervano neuroni nella parte ventro-laterale dell’ipotalamo ventromediale (VMH, da ventro-medial hypothlamus), che sono noti quali regolatori dell’aggressione. L’osservazione sperimentale ha rilevato che i neuroni SPZ dorsali, i cui assoni formano fasci di proiezione diretti a VHM, sono più attivi durante la fase iniziale del giorno e meno attivi durante quella della notte. Ha poi dimostrato che l’inibizione chemogenetica della trasmissione fase-dipendente dei neuroni SPZGABA accresceva il comportamento aggressivo.

Infine, William Todd e colleghi hanno accertato che i neuroni centrali della regione ipotalamica VHM, riceventi gli assoni delle cellule SPZGABA, innervano direttamente i neuroni ventrolaterali del nucleo ventromediale dell’ipotalamo, ossia la regione VHM, e l’attivazione di questo circuito interno a VHM determina il comportamento di attacco da parte dei roditori.

Senza dubbio, il lavoro di questo team di ricerca ha rivelato un circuito polisinaptico mediante il quale l’orologio circadiano principale del corpo, sito nel nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, regola il comportamento aggressivo.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-28 aprile 2018

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Note e Notizie 20-05-17 Abenula laterale e aggressività.

[2] Note e Notizie 20-05-17 Abenula laterale e aggressività.

[3] Note e Notizie 23-09-17 Individuati i neuroni dell’aggressività femminile.

[4] Note e Notizie 28-11-15 Si è scoperto che la melatonina induce aggressività femminile. Si consiglia la lettura integrale di questo testo perché include una sintesi delle principali acquisizioni sulle basi cerebrali dell’aggressività.